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Il Massaggio Amazzonico® è, tecnicamente, un protocollo di lavoro corporeo che si espande direttamente agli organi interni e soprattutto all’attività del cervello. Basilare è il movimento ritmico ripetuto con data frequenza a creare particolari onde che raggiungono sezioni celebrali che stimolano produzioni ormonali.

Ma allora come fa un movimento ritmico, come l’oscillazione provocata dal Massaggio Amazzonico®, a influenzare l’attività dei cervello?

I ricercatori di Giessen ritengono di poter rispondere alla domanda: i movimenti oscillatori del Massaggio Amazzonico spostano il sangue nel corpo del soggetto, attivando particolari misuratori di pressione nella carotide – i cosiddetti barocettori – che regolano l’afflusso di sangue al cervello in base alla situazione. Con data frequenza oscillatoria, essi rallentano il battito cardiaco, con altra soluzione oscillatoria lo accelerano; il battito si sincronizza anche con il ritmo di dondolamento.

In seguito la respirazione si adatta al ritmo e diventa più profonda e regolare.

Dieter Vaitl ritiene che dopo un certo tempo questa sincronizzazione dell’organismo sui barocettori faccia sprofondare il cervello in uno stato di semi- incoscienza.

Nella danza, il meccanismo dovrebbe in linea di principio funzionare circa allo stesso modo. Per convalidare questa ipotesi, i ricercatori di Giessen stanno studiando la danza accompagnata da musica tecno con un sistema di misurazione portatile e comandato a distanza, dal quale si possono ricavare dati sulla frequenza respiratoria e sulla pressione sanguigna. L’interpretazione dei dati è ancora in corso, ma promette esiti interessanti. I primi, provvisori risultati fanno supporre che, anche senza assumere droghe, il danzatore fin dall’inizio di un rape party sia pronto a entrare in uno stato di trance, che corrisponde all’incirca all’ipnosi indotta dal tamburo o dal Massaggio Amazzonico metodo Duilio La Tegola. Durante la danza vera e propria lo stato di trance diviene ancora più profondo.

 Intanto alcuni scienziati cominciano ad applicare i metodi moderni di imaging per scoprire come funzioni il cervello umano nella trance provocata dall’esterno. Quattro anni fa, in alcuni lavori pionieristici, il neurofisiologo statunitense David Spiegel e i suoi colleghi della Harvard University hanno studiato soggetti ipnotizzati con l’aiuto della tomografia a emissione di positroni (PET). Questa tecnica può individuare in modo preciso un aumento del flusso sanguigno, e con ciò stabilire quali regioni cerebrali siano particolarmente attive durante lo stato d’ipnosi.

Con un esperimento ancora più raffinato, il gruppo di Harvard ha cercato di chiarire se le persone ipnotizzate si trovino realmente in uno stato alterato di coscienza o se semplicemente fingano durante la seduta. In fin dei conti, non tutti si lasciano ipnotizzare: le persone dotate di fantasia, in grado di costruire immagini senza difficoltà, entrano più facilmente in trance rispetto a quelle che si rilassano difficilmente e che temono fin dall’inizio di perdere il controllo di sé. Durante l’ipnosi, ai partecipanti allo studio veniva chiesto di percepire immagini solo in bianco e nero. Nei soggetti ipnotizzati, le regioni cerebrali che sovrintendono alla visione dei colori erano meno irrorate di sangue del normale. Per contro, se la persona asseriva di vedere in bianco e nero ma l’attività cerebrale non cambiava, si poteva dedurre che in realtà la percezione avveniva ancora a colori.

 Catherine Busimell, medico della McGill University di Montreal, e il suo collega Pierre Rainville hanno fatto un altro passo avanti. Volevano sapere perché sotto ipnosi viene influenzata la capacità di sentire dolore. Durante le misurazioni con la PET, chiedevano ai soggetti di immergere una mano in una bacinella d’acqua bollente, ma di percepirla come se fosse appena tiepida. Senza svegliarsi, i partecipanti lasciavano la mano nell’acqua, mentre se fossero stati coscienti l’avrebbero immediata~ mente ritirata a causa dell’alta temperatura. Se veniva detto loro che il liquido era bollente, allora reagivano di conseguenza.

 Le misurazioni diedero lo stesso risultato per tutti i soggetti: la suggestione aveva influenzato in modo notevole l’attività della parte anteriore del giro dei cingolo, la regione dei cervello che collega la percezione con il sentimento e controlla l’intensità delle sensazioni. Quanto più alta era la temperatura percepita a causa della suggestione, e quindi quanto più intenso era il dolore, tanto più attiva era questa regione cerebrale. Gruppi di neuroscienziati negli Stati Uniti e in Canada ritengono di aver trovato l’origine fisiologica anche delle esperienze mistiche e religiose che possono essere vissute durante la trance più profonda. Questo nuovo campo di ricerca porta il singolare nome di neuroteologia, e si propone di chiarire in dettaglio, con metodi sperimentali, le origini neuronali della religiosità. Il rappresentante più noto è il radiologo americano Andrew Newberg, dell’Università della Pennsyivania. Con una tecnica speciale, la tomografia computerizzata a emissione di fotoni singoli (SPECT), Newberg ha sottoposto a indagine buddisti e suore cattoliche con decenni di esperienza nella meditazione.

Nell’interno dell’apparecchiatura per tomografia, i soggetti dovevano tirare una cordicella non appena provassero la sensazione di cadere in estasi o dì subire un’alterazione delle percezione spazio-temporale. Secondo i dati forniti dalla SPECT, durante l’esperienza di trance estatica risulta più attivo dei normale il lobo frontale dei cervello, la regione cerebrale che regola, tra l’altro, la concentrazione e la pianificazione dell’agire. Nel lobo parietale destro, invece, che presiede alla capacità di orientamento spazio-temporale, l’attività delle cellule nervose è risultata fortemente diminuita. Il lobo parietale è, secondo Newberg, anche la regione cerebrale nella quale l’uomo concepisce l’idea di sé.

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Imparare il Massaggio Amazzonico

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